lunedì 25 maggio 2009

Ritorno a casa

Era rimasto solo intrecciando tra le dita le perle del suo ultimo discorso. Aveva sognato un falò, quella sera. Ed una spiaggia così simile a lui da farlo svegliare con gli occhi cisposi e la pelle salmastra. Roteava le parole tra le dita ed ancora si accarezzava la guancia dove si erano fermati i suoi sogni appena qualche ora prima.
In effetti non ricordava molto, quasi che il torrente di vocali di cui la sua bocca secerneva il suono fosse indipendente. C'era sicuramente un giardino in cui il vestito dei suoi amori passati danzava ebbro e provocante. C'erano bicchieri rossi e amari e luci ovattate che addensavano il fumo di una CAMEL proibita, tra il tintinnio luccicante degli spiccioli e delle chiavi della chiusura.
Sentiva che c'era un fondo di delitto in quello che faceva e le Sue parole ne furono il simmetrico castigo.
Si sedette. Lui le stava innanzi imbarazzato dei suoi sentimenti e del suo tasso alcolico. Avrebbe solo voluto spostarle i capelli dietro l'orecchio, scansarle le dita dalle labbra e alzandole lo sguardo nascosto, baciarla.
Si limitò a raccogliere le perle dalle valve del suo senno ed una dietro l'altro imbastirle per far suonare i suoi pensieri come frasi.
Disse.
- Quello che io provo è amore, perché non ti conosco e ti penso e mi manchi.
Continuò ispirato.
- E' come la differenza tra arte e mestiere. La prima esplode da chi l'ha dentro verso il mondo, e da me verso te. Senza ragione, senza testa. Il resto è mestiere, è pazienza, è il frutto del calcolo e della buona volontà.
Pensò.
"Spero che il tuo amore sia arte e che per questo tu possa essere felice nella bellezza del tuo amore."
L'accompagnò, infine. Protetto dalle fiere della notte che, sulle loro colonne mute, tutto sanno e niente confessano. Lei gli sfiorò la guancia alzandosi sulle punte dei piedi e lui si svegliò con gli occhi cisposi e la pelle salmastra.