mercoledì 24 ottobre 2012

la macchina fotografica

Lo sbalzo di luce gli faceva male agli occhi. Faceva buio prima e dopo lampade e flash le pupille gli si erano ristrette rapidissimamente. Aveva d'aspettare ancora qualche minuto prima dell'autobus che lo avrebbe portato a casa. In quella città già da un paio d'anni non era ancora riuscito a coordinarsi con gli orari dei mezzi: troppo prima, troppo dopo o alla ricerca di autobus inesistenti. Decise comunque di fumare una sigaretta. Le sigarette, si sa, fanno arrivare i mezzi. Quando fumi con piacere allora ti secca buttare la cicca con almeno ancora quattro cinque tiri attaccati, ma quando lo sai e lo fai apposta, allora quei fari che si avvicinano non fanno altro che convalidare la tua tesi e la sigaretta la pesti con piacere. Quella voltà non funzionò. I pensieri allora si accavallarono, ma non come gambe di donna, come gli piaceva pensare di solito, più come date in un esame di storia. E il fumo saliva e la pazienza scendeva e intanto le mani sudavano nelle tasche nonostante il freddo. Ma poi che cazzo ci faceva quella macchina della polizia nel cortile del tipo. Finalmente un bus, non era il suo ma non si sa mai, meglio smollarsela, prima che qualcuno arrivi a fare domande stupide. Chi lo sà magari il coinquilino del tipo è uno sbirro, forse lo è il tipo stesso, magari gli ha detto qualcosa della macchina fotografica. Meglio andare. L'autobus era di quelli piccoli che portano in centro. Questo lo avrebbe fatto dopo quindici minuti di sosta al capolinea. Erano soli. Lui e l'autista all'Agroalimentare. Quel coglione non faceva che fissarlo dallo specchietto. Sali, scendi, fuma un'altra sigaretta, niente da fare il tipo continuava a fissarlo. Il coglione gli fece cenno per ripartire e lui si trattenne a stento dall'urlargli in faccia cosa cazzo volesse. Più avanti, ritornati nella civiltà della zona commerciale, erano saliti due tipi, alti, uno era pure pelato e comunque tutti e due avevano la tracolla, niente da fare erano sbirri. Meglio scendere e cambiare autobus, lo avevano sicuramente seguito dalla fermata mezz'ora prima. Non sarebbe dovuto andare in quella casa, lo sapeva, e poi tutta quella gentilezza e tutto quel parlare della macchina fotografica, avrebbero dovuto insospettirlo, insomma erano quasi estranei. Miracolosamente c'era il 32 quello lo avrebbe portato vicino alla Bottega, lì avrebbe potuto finalmente rilassarsi con un caffé corretto e tre sigarette meditative. Verso il centro i lampioni riflessi lo abbagliavano come lampade, al centro di un interrogatorio che la città intera gli stava facendo. Stava quasi arrivando alla fermata della Bottega, quando improvvisamente vide una macchina dietro il bus, gli sembrò di riconoscere il tipo all'interno, forse il suo coinquilino forse nessuno dei due. Strattonò una ragazza con lo zaino e diede una spallata ad un'altra con le Hogan e riuscì a scendere prima che le porte si chiudessero. Fuori si fermò. Le macchine dietro proseguirono. La luce gialla sul tufo rilasso i suoi occhi. Allora accese una sigaretta e s'incamminò.