martedì 20 ottobre 2009

la Repubblica come partito


Fortunatamente il mio seguito inesistente mi consente - come sempre - di spararle grosse, senza paura di essere frainteso. I miei post precedenti pur non essendo gran roba mi schierano in maniera più o meno netta, questo potrà essere d'aiuto.
In questo periodo il premier va accusando costantemente uno dei maggiori quotidiani italiani - la Repubblica - definendolo alla stregua di un partito.
Primo non capisco cosa ci possa essere di male, quando non si ha dietro un partito ma si è un partito tout court, per così dire. Secondo io do ragione al premier (si si!).

Max Weber diceva che i partiti si caratterizzano per essere formalmente organizzati, basati su partecipazione volontaria, e orientati ad influenzare il potere. Essi sono 'associazioni fondate su un'adesione (formalmente) libera, costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all'interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità (ideali o materiali) per il perseguimento di fini oggettivi o per il perseguimento di vantaggi personali, o per tutti e due gli scopi' *

Mi piace pensare che il premier dia queste definizioni leggendo Weber o quanto meno i Fondamenti della Scienza Politica del Cotta & C. quando spara così in alto.Non penso io che Repubblica in se sia un emanazione del PD, fortunatamente non è così. Essa trova continui punti di distacco con il Partito Democratico, ma com'è normale che sia ne trova altrettanti di congruenza.

Facendo un analisi poco formale ed ortodossa (cosa che posso fare qui e non altrove) della definizione appena citata si può dire che Repubblica è:

- formalmente organizzata (statuto, giuramento dei giornalisti di uno statuto morale del giornale)
- basato sulla partecipazione volontaria (nessuno impone a giornalisti e lettori di scrivere/leggere Repubblica)
- sicuramente orientato ad influenzare il potere
- mira ad attribuire posizoni di potenza ai suoi militanti attivi (penso anche agli stessi lettori, percependo Repubblica come qualcosa di unitario)


Repubblica, nasce nel 1976, come espressione di qualcosa di ancora in potenza, una sorta di Partito Democratico ante litteram, basato sui valori riformisti (ma fermi - cit. Stefano B.) di una sinistra che non trovava espressione in parlamento. Questo orientamento ha fatto si che col passare degli anni Repubblica abbia assunto la capacità di formare un punto di opinione autonomo, capace di muovere (nel bene o nel male, io non posso dirlo) molte persone e molti elettori, insomma qualcosa che va al di là della semplice analisi politica.

Continuando a leggere da i Fondamenti della Scienza Politica si ha "è grazie ai partiti che si può aspirare ad un controllo dei governati sui governanti. Da questo punto di vista, i partiti sono strumenti di collegamento tra governo e cittadini. Creando dei canali di comunicazione tra governati e governanti, essi permettono ai primi di controllare i secondi"**.

L'anomalia del sistema politico italiano, basata su un'incapacità congenità di saper raccogliere e canalizzare gli interessi espressi dall'ambiente, per darne risposte coerenti (che in questo momento riguarda forse più la sinistra), è lampante. Questo vuoto si deve auto-riempire, il sistema in qualche modo deve ammortizzare le carenze: ed così che entrano in maniera pesante nel mondo della poltica attiva elementi come sindacati (CGIL), associazioni di categoria (Confindustria, etc.) e anche la stampa (Repubblica, appunto), situazione anomala per un paese come l'Italia in cui la politica non è basata su gruppi d'interesse (lobbies), come ad esempio accade - in maniera più istituzionalizzata - negli USA.
Ritornando alla citazione - quello che voglio dire - è che molti non si riconoscono nel partito e vedono in queste forme alternative di rappresentanza, il solo modo di effettuare un - seppur infinitesimo - controllo sui c.d. governanti.
Io [lettore generico] compro Repubblica, e il mio acquisto è come un voto che io do a chi mi sembra capace di applicare un controllo e di dare un indirizzo (tramite i suoi articoli e petizioni e inchieste e tutti gli strumenti tipici di un giornale) a chi siede in Parlamento. L'autorità di fare questo la do io e gli altri lettori ( che come me non si sentono rappresentati dai partiti istituzionali).

Questo pistolotto assurdo che sto portando avanti mi è stato ispirato dagli interventi di domenica di Ezio Mauro ( a "in mezz'ora" di Rai3) e di Scalfari (nel classico editoriale domenicale) dove - in buona sostanza [citando l'avvocato di Johnny Stecchino :)] - s'invita ad andare a votare alle primarie del PD di domenica 25, anche per votare scheda bianca, come forse faranno anche loro.
Questo fatto, conferma un po' quello che ho detto (forse) ed è comunque indice di due fattori: sicuramente la convinzione di poter avere una grossa influenza sui propri elettori, e in secondo luogo la volontà di esprimere il loro malcontento delle candidature espresse dalla dirigenza del Partito. Emerge qui la funzione rappresentative, interlocutoria del giornale come partito, che non può esserlo in maniera istituzionale e cerca di farlo, suo malgrado, in maniera indiretta.

Concludendo qui, prima che il mio pc si rifiuti di contribuire alla diffusione di cotante minchiate, dico che io non ci trovo niente di male e che in Italia (senza voler dare accezioni negative) sia quasi doveroso.



* Cotta, della Porta, Morlino - Fondamenti della Scienza Politica, Il Mulino, Bologna, 2001, pag.173
** Ibidem, pag.175



Links:
AssoComunicazione (dati relativi alla diffusione della stampa - fonte ADS)
la Repubblica (Wikipedia)