lunedì 21 aprile 2008

Sulla divinità e sull'amore

Certi attimi sono così difficili, certi così intensi, in effetti seppur pieno di lacune io sono la sola cosa di cui ho coscienza, tutto così vuoto, tutto così perfetto ed io così perfetto a viverci dentro, così pieno di paura di scoprire che il senso di quello che mi circonda è alla base così banale. Se io guardo gli altri e capisco la mia umanità, guardo gli animali e capisco la loro natura così diversa eppure così vicina alla mia. Guardando Dio gli attribuisco l'essenza stessa di tutto, gli attribuisco in definitiva, quel senso che cerco di trovare, ma non trovo, ma mi domando, e ogni volta muoio un po' dentro, che se anche Dio è quello che è, o che crediamo sia, ma l'unica cosa che ci accumuna è la pura e semplice esistenza. Chi da senso a Dio? Nel senso se fossimo solo noi ad attribuire la "divinità" a Dio, in quanto non possiamo ricavare la sua vera identità perche il confronto a noi è impossibile, anche solo perchè "piccoli" e facenti parte di una generazione giovane della terra. In definitiva l'uomo è in continua evoluzione, l'uomo potrebbe essere Dio, capace all'apice dell'esistenza della sua esperienza di vita di prendere la percezione di aver raggiunto tutte le caratteristiche della divinità. Se il cammino dell'uomo fosse questo: autocoscienza del se e delle proprie capacità assimilabili a quelle della divinità? Se si pensa noi abbiamo già dentro le caratteristiche della divinità, la già citata esistenza e comunque il fatto di poter ricreare la vita, se Dio ha creato la "Vita", noi lo facciamo giorno per giorno, la natura tutta ha in sè questo potere creativo, diciamo. Dio è intagibile, se cerchiamo col nostro strumento d'indagine migliore: il corpo ( oggetto teso tra immanenza e trascendenza, alla quale non bisogna per forza dare caratteristiche divine, ma intendo qualcosa di non fisico, che sfugge a quello che viene detto ragione) io le uniche cose che non riesco a vedere e percepire, in pratica l'unica trascendenza che vedo applicata tutti i giorni, e che anzi avvolte stravolge il nostro agire e il nostro mondo fisico sono i sentimenti. Con questo aspetto sembra quasi che essi vengano da Dio, nel senso che che sono accumunati da una stessa natura trascendentale, ma io vedo sia bene che male, e se Dio ach'egli fosse bene e male, magari è proprio questa ambivalenza così "tipicamente" umana la famosa immagine e somiglianza di cui ci arrivata memoria. Anche se sempre basandosi sempre su quello che ci comunica il corpo; si sta veramente bene quando lo si fà. Il senso è che è il bene che porta il bene dentro di noi, ci sono certi modi dell'agire umano che a mio parere sono Male, al di la della Cultura, gli atti che poi praticamente ci fanno sentire male a livello interno, quel tipo di dolore che è così "trascendente". E se Dio, la sua perfezione, derivasse proprio da questo, cioè dal fatto di aver conosciuto cos'è il male ed essersene distaccato fino a diventare puro amore...? L'essere perfetto è un essere di puro amore, e tale peculiarità e conditio sine qua non per la sua divinità (sonno..zzzzz...)

fonte: il mio taccuino

1 commento:

Anonimo ha detto...

Affascinante... ci sarebbe molto da riflettere. Per il momento mi soffermo su un paio di punti della tua speculazione, onde non sfidare la mia pigrizia :)
Dicevo:
1)la trascendenza dei sentimenti. Per quanto mi riguarda, simpatizzo per una forma di "olismo meccanicistico": credo che da un lato la nostra attività puramente mentale, quindi non solo i sentimenti ma anche la ragione, scaturisca effettivamente dal nostro corpo; ma d'altro canto penso che sia ben superiore alla somma delle parti che concorrono a costituirla. Eppure, non sono sicuro che si possa parlare di trascendenza dei sentimenti rispetto alla ragione, come se la ragione fosse il nostro sguardo quotidiano, ed i sentimenti un oggetto che questo sguardo coglie al massimo con la coda dell'occhio. E' un'ipotesi interessante, ma potrebbe darsi il contrario: in fin dei conti la ragione è un percorso, storico ed individuale. Pirsig faceva notare che quando siamo seduti su una stufa bollente, prima che riflettere sulla temperatura, o anche sull'asserto "questa stufa è bollente", tendiamo a bestemmiare e sollevare il culo. Leggi: aldilà della razionalizzazione, l'istinto è il nostro sguardo sul mondo. Sono (freudianamente, e quindi in una prospettiva che malgrado le sue lacune mi è sempre stata molto simpatica) i sentimenti istinti razionalizzati, "sublimati" dall'intelletto e dal mondo? in quest'accezione il problema si porrebbe in modo differente. Perchè se l'intera ragione (in questo senso anche creatrice di sentimenti, "per difetto" dal nostro istinto) è trascendente, come sembra che sia, d'altronde non sembra esserci nulla di davvero immanente, di non razionalizzato e quindi guardato con una prospettiva esterna al mondo stesso. Anche dotare il mondo di senso (Dio dà senso al mondo? Chi dà senso a Dio, intelligentemente chiedi)diventa un'attività trascendente. Divina?

2)Dio e l'amore. Molto bella questa idea. Si direbbe che riunisca in sè tanto la tradizione teologica occidentale quanto quella buddhista (liberarsi dal male come presupposto per diventare Dio mi ricorda molto l'idea di illuminazione). Oltretutto, noto come indichi nel male il "sentirsi male": il Dio punitore della Bibbia non farebbe quindi del male nella misura in cui tutto sarebb iscritto in un disegno universale. Dio può fare del male, conoscere il male senza "essere" male. noi non ce lo possiamo permettere... Il genocidio nazista, se fatto in piena coscienza e serenità, senza ombra di ripensamento, sarebbe male? Il mio senso di colpa da "educazione" quando bestemmio sarebbe male? Parli giustamente di "aldilà della Cultura"... ma si tratta di un limite difficilissimo da dimenticare. Alidlà della cultura c'è essere animali, e non fare bene né male. Forse soltanto questo. Non so se si possa scindere l'etica da condizionamenti culturali. Certamente, non c'è valutazione etica dietro la necessità: gli animali predatori non sono cattivi. E se il volere di Dio è necessità, per cui qualsiasi diluvio universale è iscritto nel "modo in cui le cose devono andare", senza possibile giudizio etico su Chi crea e valorizza, in fin dei conti, l'etica... a questo punto, dov'è l'amore di tutte le religioni? Non può che essere come dici, quando proponi che Dio "scelga" l'amore. Ma questo punto cosa rende unitaria l'essenza dell'amore divino? Cosa accomuna nell'amore la morte di migliaia di bambini denutriti alla nostra esistenza?
E se questo concetto di amore è imperscrutabile, come facciamo a sapere di commettere il bene (nell'impossibile allontanarci dalla cultura)?

Stefano